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Quando la carta igienica non esisteva

E’ normale guardando la tv, imbattersi in spot che reclamizzano carta igienica di ogni genere come è altrettanto normale, nei supermercati, attraversare la corsia dei prodotti igienici ed trovare una tale offerta di carta igienica da restare perplessi su quale scegliere.

Ve ne sono di tutti i tipi. Semplice, doppio velo, soffice, liscia, ondulata, ovattata e perfino profumata. È impossibile farne a meno ed è sicuramente uno dei prodotti più indispensabili e dunque immancabile in tutte le nostre case.

Una sera, con i miei ragazzi trentenni, dopo l’ennesimo spot pubblicitario, mi è scappato detto: “ quando ero ragazzo io, la carta igienica non c’era e si campava lo stesso” .

Non vi dico la reazione a queste parole. Ho visto nelle loro facce una sensazione di stupore seguita da una sorta di incredulità che ha sfociato nella domanda: “Come,.. non c’era…… che fai ci prendi in giro?”

Mi sono catapultato negli ormai lontani anni 50/60 e li ho fatti partecipi dei miei ricordi d’infanzia.

In quel tempo la carta igienica non era ancora apparsa nei consumi degli italiani. Si usava conservare la carta che si riteneva più idonea allo scopo. Mi ricordo che andava per la maggiore una carta molto fine, tipo carta velina, che era usata per incartare il pane. I fogli di giornale erano un’alternativa valida dopo essere stati sgualciti e poi ristirati. Del tutto sconosciuti gli assorbenti per le donne. Che dire poi degli asciugoni, dei dentifrici, delle saponette dei detersivi. Niente. E i fazzolettini di carta ? Macché, niente. Noi avevamo la “pezzola”, il fazzoletto di stoffa che veniva utilizzato, lavato e riutilizzato tante volte. Che tragedia quando si aveva il raffreddore. Tenere in tasca quel panno moccicoso e pieno di bacilli non era il massimo. Ma, era così. Le buste di nylon per la spesa? Dovevano ancora essere inventate. Ogni massaia andava a fare la spesa con la propria “Sporta”. Erano generalmente rigide, ma ce ne erano alcune fatte a rete che, ripiegate, non occupavano assolutamente spazio.

Ho ricordato la cartella di cartone pressato che usavamo per andare a scuola alla “Vasca” (P.zza Cesare Battisti – Montevarchi), ed il mitico ed immancabile astuccio di legno con coperchio scorrevole. Che dire poi della penna per scrivere. Era formata da un supporto di legno affusolato da una parte, ad una estremità del quale c’era una fessura per inserire un pennino metallico. Ricordo quello a “foglia”, quello a “campanile” e quello per la bella calligrafia. Allora si scriveva così. Ogni banco aveva in alto a destra una piccola vaschetta contenente inchiostro in cui si intingeva il pennino per poi scrivere. Tutto delicatamente per evitare le macchie.

Al momento che scrivo, è appena passata la Pasqua e allora come non ricordare la visita delle sette Chiese del giovedì santo, che noi ragazzini vivevamo come un gioco piuttosto che come momento di devozione. La sontuosità della processione del venerdì Santo attraverso le vie di Montevarchi arricchite dai luminari e seguita da innumerevoli persone. Ricordo la pesantissima statua del “Cristo Morto” portata a spalla dai fedeli. E come non ricordare gli addobbi delle macellerie per quell’occasione. Le carni erano esposte con particolare maestria. C’era di tutto, il maiale con il limone in bocca, le testine di agnello con gli zampucci, il polmone di vitello gonfiato, il pollame variamente sistemato, tutto contornato da fiori e piante varie. Direte: “come il polmone di vitello?” Si, volgarmente chiamato “paracore” era una pietanza che si faceva spesso, in umido con le patate. Costava poco ed in quel tempo soldi non ce ne erano molti.

Che dire poi delle merendine di cui oggi i nostri bambini non possono fare a meno. Non c’era niente. A scuola si andava con pane e frittata o, quando ci si poteva permettere, con il “panin di ramerino” o la “bocca di lupo” acquistati in uno dei forni presenti in via Roma.

A scuola si andava a piedi, a dottrina si andava a piedi a Messa si andava a piedi, perché la bicicletta ancora non tutti potevano permettersela. La sera eravamo stanchi e avremmo dormito su qualunque cosa. Già, su cosa dormivamo? Ricordo il materasso di “crine vegetale” e poi quello di “lana” per i quali ogni anno si chiamava il “materassaio” per “battere le materasse”. I materassi venivano svuotati ed il loro contenuto arieggiato e reso nuovamente soffice battendolo con delle bacchette di castagno.

Alla fine degli anni 50 la televisione comincia ad entrare nelle case degli italiani. Ad essere precisi, all’inizio la televisione era presente solo nei bar che lo utilizzavano come strumento di attrazione di clienti, ma anche nelle sale cinematografiche . Ricordo di aver seguito qualche giovedì sera il quiz “Lascia o raddoppia” (1956) al cinema “Politeama” di Montevarchi sul televisore posto sul corridoio centrale della sala. Da allora cominciano anche i primi consigli pubblicitari con il mitico “Carosello”(1957). Viene così diffuso il rossetto, il profumo Paglieri, la saponetta Palmolive, a brillantina Linetti, il dentifricio Durbans. Cominciarono gli anni del Boom Economico. Da quel tempo in poi tutto è cambiato. Le ristrettezze economiche cominciavano ad essere un lontano ricordo.

Oggi difficilmente si sente parlare del periodo ante Boom economico, quasi inconsciamente volessimo cancellarlo dai nostri ricordi. Sono invece del parere che si debba essere orgogliosi di aver superato quei momenti e ritengo, anzi, che fare partecipi i nostri giovani di quelle esperienze, possa contribuire a renderli più fiduciosi nell’affrontare le difficoltà che si stanno presentando in questi ultimi tempi.

  1. avatar
    maestrina
    29 Giugno 2012 a 12:05 | #1

    Ricordo che mia nonna, usando un tagliacarte, preparava dei rettangoli di carta, che poi si mettevano in bagno, Avevo però uno zio benestante, nel cui bagno c’era una carta igienica su cui erano stampate barzellette o aneddoti, per la lettura durante la funzione.
    Ho trovato il tuo blog, seguendo Gad Lerner.

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