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Olio di oliva, le fasi di produzione

Facendo seguito al mio precedente articolo “Olio extra vergine di qualità”, proverò adesso, ad illustrare le fasi della produzione dell’olio d’oliva dalla raccolta alla conservazione, mettendo in evidenza come l’impiego di tecniche e macchinari di un certo tipo piuttosto che di un altro, possa incidere in maniera sostanziale sulle caratteristiche qualitative degli oli extra vergini di oliva.

RACCOLTA.

E’ stato accertato che il momento della raccolta influisce straordinariamente sulle caratteristiche chimiche e organolettiche dell’olio. Un olio prodotto da olive poco mature avrà senza dubbio un contenuto di polifenoli maggiore di quello ottenuto da olive completamente mature. Infatti, arrivato a un picco ad olive appena invaiate, il tenore di polifenoli nell’oliva tende a scendere col procedere della maturazione. Oltre a ciò, col conseguente ammorbidimento della polpa si innescano fenomeni ossidativi o comunque peggiorativi della qualità dell’olio. Questo vale soprattutto per i precursori aromatici contenuti nel frutto. Infatti un olio ottenuto da olive (drupe) sovra-mature presenta spesso difetti organolettici (“fermentato”, “muffa”, “riscaldo”) ed una composizione che lo predispone all’irrancidimento durante la conservazione. Altro elemento da tenere presente per ridurre i rischi di cui sopra è il tempo che intercorre fra la raccolta e la molitura. Quando il frutto viene staccato dalla pianta iniziano infatti, fenomeni biochimici che danno luogo a processi fermentativi che a loro volta originano sapori e odori sgradevoli (difetti organolettici). Il prolungamento del tempo di sosta, ancorché fatta con la massima attenzione, induce effetti deleteri sul profilo qualitativo dell’olio quali l’aumento dell’acidità e dei perossidi. Ma non solo l’acidità è sensibile a uno stoccaggio prolungato, anche i polifenoli calano esponenzialmente dimezzando il loro contenuto dopo una settimana di stoccaggio.Per questi motivi le olive dovrebbero essere trasformate il più presto possibile dopo la raccolta, possibilmente entro le 24 ore successive.

FRANGITURA.

La frangitura è la fase durante la quale le olive vengono frantumate per ottenere una pasta grossolana che contiene buccia (epicarpo), polpa (mesocarpo) e noccioli (endocarpo) che svolgono una funzione drenante ed agevolano la successiva separazione dell’olio dalla pasta. La frangitura delle olive rappresenta una fase critica per la qualità dell’olio estratto meccanicamente. Infatti tutti i composti fenolici di un olio si originano durante il processo frangitura per cui, questa, risulta essere una azione di rilevanza nella produzione di olio extra vergine di qualità. L’innovazione tecnologica supportata da studi scientifici ha portato ad una evoluzione nei sistemi di frangitura, infatti si è passati da impianti dove le olive venivano schiacciate sotto grosse ruote di pietra o granito dette molazze, a sistemi con frangitori metallici. L’abbandono delle molazze, pur non disconoscendo i lati positivi quali la minore emulsione e il ridotto surriscaldamento della pasta di olive, è derivato principalmente dai limiti individuati nella bassa capacità lavorativa oraria, poca igiene per la difficile pulizia delle parti e bassa capacità di estrarre la clorofilla responsabile della colorazione verde degli oli. Inoltre, il lungo periodo che la pasta rimane a contatto con l’aria aumenta il grado di ossidazione dell’olio, ed il contenuto in polifenoli (composti antiossidanti) è mediamente più basso che negli oli ottenuti con frangitori metallici tipici dei frantoi con sistema a “ciclo continuo“. Tale termine deriva dal fatto che il sistema è costituito da un insieme di macchinari collegati in continuità tra di loro che esclude ogni interruzione nella lavorazione. Tra i frangitori del sistema a ciclo continuo vanno annoverati quelli a martelli che sono stati i primi e i più comunemente utilizzati. Queste macchine infatti presentano numerosi vantaggi quali l’elevata capacita lavorativa, il basso ingombro, i bassi costi di impianto e la facilità di pulizia.Un frangitore a martelli è composto da una serie di dischi ruotanti dotati di spigoli vivi (martelli), dove la rottura delle pareti cellulari e delle membrane delle olive è causata dagli urti dei martelli che ruotano ad una velocità di 1200-3000 giri al minuto. L’innovazione tecnologica , mai ferma, ha portato alla adozione di frangitori che aggiungano oltre all’azione di percussione tipico dei frangitori a martelli anche quella del taglio di conseguenza l’azione sulle olive è più delicata.. Parliamo dei frangitori a dischi e dei frangitori a coltelli. Questi ultimi particolarmente interessanti poiché riescono a frangere selettivamente le parti costitutive della drupa, così da arrivare ad una efficiente rottura delle strutture cellulari della polpa e della parte legnosa della mandorla (drenante), ma con una limitata rottura dei tegumenti del seme (minore presenza di enzimi negativi nelle paste durante la fase di gramolatura). I frangitori a dischi sono costituiti, appunto, da due dischi metallici di stesso diametro, uno fisso e l’altro ruotante, dotati di una serie di denti con spigoli vivi. Durante il funzionamento le olive cadono violentemente tra i denti e sono frantumate. Essi hanno un comportamento simile ai frangitori a coltelli dal punto di vista qualitativo, in quanto possono agire sulla granulometria (livello di frantumazione) della pasta franta regolando opportunamente la distanza tra i corpi battenti. Una serie di prove sperimentali sui sistemi di frangitura ha evidenziato che negli oli ottenuti da olive frante con frangitore a coltelli è stato riscontrato un incremento delle sostanze fenoliche rispetto a quello ottenuto con un frangitore a martelli.

GRAMOLATURA

La gramolatura consiste in un lento e continuo rimescolamento della pasta di olive all’interno di una macchina detta gramola. Si tratta di un passaggio fondamentale e delicato in quanto permette di rompere le emulsioni acqua-olio che si sono formate durante la frangitura e riunire le goccioline di olio mosto in gocce sempre più grandi che saranno più facili da separare nella successiva fase di estrazione. Nella fase di gramolatura si verificano forti modificazioni a carico dei composti fenolici e volatili che determineranno il profilo qualitativo degli oli ottenuti, e sono strettamente dipendenti dalla temperatura e dal tempo di esposizione della pasta all’aria. Si è riscontrato che all’aumento della temperatura della pasta in gramola corrisponde una diminuzione del carico aromatico, in quanto si modificano i rapporti tra aldeidi-alcoli esteri (sentori erbacei, carciofo, mallo di mandorla). Le norme della Comunità Europea Reg. Ce 1019/2002, indicano che la temperatura ottimale della pasta in gramola non deve essere superiore ai 27 °C affinché l’olio extra vergine di oliva possa fregiarsi della dizione “estratto a freddo”. Tempi di gramolatura prolungati e di conseguenza maggiore esposizione della pasta all’aria, portano ad una intensificazione dell’ossidazione con possibili difetti sensoriali e minori proprietà dietetiche dovute alle minori concentrazioni di polifenoli, tocoferoli e vitamina A. Per limitare tutto ciò, gli impianti moderni sono ormai dotati di gramole chiuse operanti in atmosfera controllata, tramite le quali è possibile la gestione del patrimonio antiossidante ed il controllo delle variabili di tempo, temperatura e concentrazione di ossigeno, parametri fondamentali come abbiamo visto per l’ottenimento di un prodotto che sia apprezzabile dal punto di vista qualitativo e salutistico.

ESTRAZIONE

Il contenuto fenolico di un olio vergine di oliva dipende anche dal tipo di estrazione sfruttata per il recupero dell’olio dal mosto oleoso. I più diffusi sistemi per l’estrazione dell’olio dalle paste di oliva gramolate sono quello per pressione e quello per centrifugazione. Il sistema a pressione è connesso alla frangitura a molazze dove la pasta che si ottiene, tramite macchine dosatrici, viene distribuita su dischi di fibra vegetate chiamati fiscoli (ultimamente fatti di materiali sintetici), che vengono messi uno sopra l’altro in pila su un carrello che viene poi portato alla pressa dove la pressione idraulica, crescendo nell’arco di circa un’ora, fa fuoriuscire la componente liquida oleosa (mosto oleoso, ovvero olio e acqua di vegetazione). La parte solida, che dopo la spremitura resta aderente ai fiscoli, è la sansa. Dei limiti qualitativi di questo sistema abbiamo già parlato nell’argomento molazze. Nei sistemi a ciclo continuo l’estrazione, invece, avviene tramite l’utilizzo di particolari macchinari detti decanter. Il principio su cui si basa il funzionamento del decanter è la differenza di densità dei prodotti da separare, e come in un comune sedimentatore le particelle di solido molto più dense rispetto alle particelle liquide, tendono a decantare a causa della forza di gravità. Esistono decanter a tre fasi, da cui fuoriescono la sansa, l’olio e l’acqua di vegetazione. La separazione fra olio e acqua di vegetazione, però non è netta ed entrambi vengono immediatamente sottoposti a centrifugazione (separatore finale), per recuperare la piccola percentuale di olio presente nell’acqua da un lato, e per allontanare la piccola quota di acqua di vegetazione presente nell’olio dall’altra. L’utilizzo dei decanter a tre fasi, prevede aggiunta di acqua per ridurre la viscosità della pasta e facilitare la separazione olio-acqua di vegetazione con un rapporto di diluizione compreso tra 0.5:1 ad 1:1, il che significa che vengono utilizzate da 50 a 100 litri di acqua di fonte per 100 Kg di pasta da centrifugare. Questo comporta una riduzione della qualità dell’olio principalmente dovuta al dilavamento, provocato dall’acqua aggiunta, dei composti fenolici presenti nell’olio con riduzioni imponenti di questa frazione antiossidante. Per ovviare a ciò, nei frantoi di nuova generazione vengono utilizzati decanter a basso consumo di acqua (10-30 litri per 100 Kg di pasta di olive) o il decanter a due fasi che opera senza l’aggiunta di acqua. Questi ultimi hanno solo due uscite, una per la sansa umida l’altra per l’olio e quelli più all’avanguardia non prevedono l’uso del separatore finale. Test condotti su questo processo, hanno dimostrato che l’olio estratto con questi nuovi sistemi presenta un contenuto fenolico (polifenoli, tocoferoli,…) maggiore rispetto al sistema tradizionale a tre fasi.

CONSERVAZIONE

La fase di stoccaggio dell’olio rappresenta un ulteriore punto critico di condizionamento dell’olio. All’uscita dal separatore finale (o dal decanter) l’olio presenta un tipico aspetto velato, torbido dovuto alla sospensione di tracce di acqua e micro particelle di polpa di oliva che tendono via via, a depositarsi sul fondo del contenitore. Tale condizione rende l’olio sede di attività di degradazione che col tempo può portare alla formazione dei difetti sensoriali quali “morchia” e “rancido”. Per fare in modo che l’olio mantenga a lungo le caratteristiche chimico-fisiche e sensoriali è buona norma stabilizzare l’olio attraverso la sua chiarificazione mediante filtrazione. Con il processo di filtrazione si rimuovono dall’olio di oliva sia i solidi, sia l’acqua. L’olio è fatto passare all’interno di un mezzo poroso che trattiene le parti solide e permette alla frazione liquida di passare. Inoltre il mezzo poroso è costituito da sostanze che permettono il trattenimento, quindi l’allontanamento dall’olio della molecola dell’acqua. E’ quindi fortemente consigliabile effettuare l’operazione di filtrazione “in linea” con la produzione dell’olio stesso.

A proposito di filtrazione apro una parentesi.

E opinione comune che un olio torbido (non filtrato) sia sintomo di genuinità e qualità, non a caso ultimamente si è diffusa nei supermercati la vendita di oli extravergini nella cui etichetta vengono enfatizzati termini quali “non filtrato”, “grezzo”, “integrale”, “100% naturale”, che riportano alla mente del consumatore l’immagine di un prodotto preso direttamente al frantoio; non di rado a questi oli viene attribuita una presunta migliore qualità sia sensoriale che nutrizionale. Questo non corrisponde a verità poiché il contenuto di antiossidanti e di polifenoli, l’intensità e l’eleganza delle caratteristiche nutrizionali di un olio extravergine dipendono dalla materia prima e non dall’essere filtrato o meno; con la precisazione, però, che un olio filtrato può conservare le sue caratteristiche di pregio molto meglio nel tempo rispetto a un olio di pari livello non filtrato. Per questo motivo l’olio non filtrato dovrebbe essere gustato, quando, all’inizio della nuova campagna olearia, si voglia assaggiare l’olio giovane, appena spremuto, a condizione di consumarlo in breve tempo.

Chiusa parentesi

Ottenuta la stabilizzazione è possibile tenere sotto controllo la naturale degradazione soprattutto al fine di mantenerne intatte le caratteristiche chimiche ed organolettiche. Queste ultime possono essere mantenute stabili solo a condizione di tenere sotto controllo parametri quali temperatura, luce ed ossigeno. L’olio va conservato, quindi, in ambienti a temperatura controllata, in un intervallo compreso fra i 10 e 24 gradi centigradi con un valore ottimale fissato a circa 15 gradi. Saranno utilizzati serbatoi di acciaio inox meglio se dotati di sistema per l’inertizzazione dello “spazio di testa” mediante gas inerte come ad esempio l’azoto. L’assenza di ossigeno consente una conservazione del prodotto con caratteristiche qualitative ed organolettiche inalterate per un lunghissimo periodo.

 

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