L’uccisione del maiale
Nelle famiglie contadine o di estrazione contadina, di norma nel periodo invernale, si usava “ammazzare il maiale” per preparare una buona scorta alimentare per tutto l’anno successivo.
La scelta del periodo non era casuale ma soltanto per il fatto che d’inverno “la carne prende meglio il sale”.
Tale tradizione benchè presentata da alcuni come un atroce atto di violenza, in effetti era vissuta come una festa alla quale si partecipava con estrema gioiosità.
Vediamo adesso come si svolgeva questa attività che, sebbene non più in uso, non guasta di tenerla nei nostri ricordi.
Eviteremo di descrivere l’atto materiale della uccisione facendo presente che in quella occasione veniva raccolto, in una capiente bacinella, il sangue al quale, per evitare che si raggrumasse immediatamente, si aggiungeva del sale e lo si razzolava continuamente.
Nel frattempo doveva essere pronta l’acqua che era stata messa a bollire in enormi pentoloni fin dalla mattina.
Si passava , quindi, alla “pelatura dell’animale”.
Questa operazione, estremamente importante, veniva effettuata versando acqua calda sulla bestia ed eliminando le setole con dei grossi coltelli usati a mò di rasiere.
Successivamente l’animale veniva fissato, solitamente ad una scala di adeguata misura, legando a quest’ultima le zampe posteriori.
Si appoggiava quindi la scala ad un muro e l’animale era pronto per essere eviscerato.
Tolte tutte le “interiora”, conservate a parte, si sciacquava abbondantemente e si lasciava “freddare” fino al giorno successivo per iniziarne la lavorazione.
Come avrete capito, del maiale non si buttava nulla, neanche le “budella”, che con arte e scrupolosamente pulite e rovesciate, venivano lessate insieme a qualche ramoscello di finocchio selvatico, qualche spicchio d’aglio ed alcune foglie di alloro.
Del maiale non si butta nulla, della “femmina” si serba il numero di telefono.