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Profumo di mosto

Ho ancora, nelle mani, il gradevole profumo del vino nascente. Ho, infatti appena finito di “svinare”. Cosa vuol dire? Bene, vi racconto dall’inizio come faccio a fare il vino.

Dopo una stagione come quella di quest’anno abbastanza secca e notevolmente calda siamo arrivati alla vendemmia con un anticipo di una quindicina di giorni rispetto alla norma. In compenso la qualità dell’uva quest’anno è risultata particolarmente buona. Questo per effetto anche dell’attività che ho praticato con cura meticolosa a metà dello scorso luglio, e cioè la cosiddetta “vendemmia verde”. Si tratta di fare una selezione dei grappoli ad inizio “invaiatura” (epoca in cui gli acini cominciano a colorarsi). Ho lasciato infatti per ogni tralcio un solo grappolo ed eliminato quelli malformati o non perfettamente sani. Questa operazione porta ad una diminuzione della quantità in favore della qualità. Durante la vendemmia, infatti, ho trovato grappoli grandi e ben graniti come da tempo non ne vedevo. Una vera soddisfazione. Pochi grappoli ed il cestello era già pieno. Nell’arco di una giornata ho vendemmiato.

Portata l’uva a casa con il mio trattorino ho cominciato a riempire il tino con il mosto che ottengo passando l’uva dalla “diraspatrice”. Un attrezzo meccanico munito di griglia e palette rotanti che provvedono a schiacciare e separare i chicchi dal raspo. Inizia da ora il viaggio che – attraverso un complesso processo chimico – trasformerà il succo dell’uva in vino.

La prima fase di questo processo è la fermentazione alcolica o primaria, durante la quale lo zucchero contenuto nel succo dell’uva viene convertito in alcol etilico sviluppando anidride carbonica che produce il classico gorgoglio per effetto del quale, in gergo, si dice che il tino comincia a “bollire”. Durante questo processo, le parti solide del mosto (bucce) si concentrano verso l’alto formando il cosiddetto “cappello”. Una volta raggiunta la superficie – e quindi in contatto con l’aria – le bucce costituiscono un serio fattore di rischio per la sanità del vino e per lo svolgimento della fermentazione. A contatto con l’aria le bucce tendono a seccarsi e, ancor peggio, si possono sviluppare fenomeni di acescenza e componenti negativi, come la muffa, danneggiando quindi il vino. Per questo motivo è di fondamentale importanza che le bucce siano sempre immerse completamente nel vino, mantenendole costantemente bagnate ed evitando il contatto con l’ossigeno.

Per ovviare a questo inconveniente, occorre, due o tre volte al giorno, a intervalli regolari e per tutto il periodo delle fermentazione, effettuare l’ operazione della “follatura”, che consiste nell’affondare le bucce nel vino che faccio per mezzo di un attezzo che mi sono costruito, grezzo ma utile allo scopo. Oltre questa operazione, ogni tanto, faccio anche la “rimonta” che consiste nel prelevare mosto liquido dal fondo del tino e versarlo sopra il “cappello”.

Sono passati nove giorni, e le parti solide hanno cominciato a depositarsi sul fondo segno che la trasformazione degli zuccheri in alcool è quasi terminata ed è giunto, pertanto, il momento di “svinare”. Questa operazione consiste nella separazione del vino dalle vinacce. Come faccio? Attraverso il rubinetto posto alla base del tino faccio uscire il vino in una vaschetta e con l’aiuto di una pompa, travaso il vino pulito in altri contenitori fino ad esaurimento. Nel tino rimangono solo le parti solide (vinacce) le quali leggermente pressate danno ancora un po di vino da aggiungere all’altro. Ripulisco accuratamente il tino che è così di nuovo pronto ad accogliere il vino pulito.

Nel frattempo ho prelevato un campione di vino da consegnare all’enologo per le analisi. Anche quest’anno i risultati sono stati soddisfacenti. Il vino è analiticamente a posto con gradazione alcolica intorno ai 13°, niente male, direi. Ho chiuso, quindi, ermeticamente il tino ed inserito il tappo colmatore che lascia uscire l’eventuale anidride carbonica residua ma non fa entrare l’aria lasciando così che il vino cominci la fase di maturazione. Dovrò fare ancora due o tre travasi ed in primavera avrò la soddisfazione di assaggiare il mio vino genuino, naturale come più non si può.

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    Roberto Tonini
    22 Ottobre 2011 a 5:43 | #1

    Tragitto perfetto! Io ho fatto il vino in casa per una quindicina d’anni. Avevo un tino in cemento – con l’interno vetrificato – da 20 ettolitri, un torchio a mano, e una diraspatrice con motore elettrico che però era in proprietà con altri due amici. Non avevo una vigna in proprio, ma approfittavo di questa situazione per scegliere dove comprare l’uva, anno per anno, a seconda dove la reputavo migliore. Vista la quantità passavo una parte della produzione alle famiglie dei miei fratelli. Il procedimento era quello descritto da Antonio, coadiuvato da una serie di damigiane per i travasi. Alla “festa” partecipava anche il resto della famiglia, in particolare le mie figlie Stella ed Alessandra che si divertivano in particolare durante l’operazione di torchiatura, cioè la pressatura delle vinacce dopo la svinatura.
    Devo dire che la qualità del vino era veramente buona, tanto che un mio amico mi propose di entrare in società perché diceva un vino buono come quello che facevo io era difficile da trovare.
    Così entrò con me in affari nell’annata 1985. Io tendevo a vendemmiare abbastanza tardi, perché pensavo di prendere le uva più mature mi avrebbe dato un risultato migliore. L’annata 1985 è stata una delle migliori della seconda metà del secolo scorso. Io esagerai nel rimandare la vendemmia poiché la stagione reggeva molto bene. Insomma andai a vendemmiare un’uva talmente matura e con un vino ad una gradazione talmente alta che la fermentazione non riuscì a trasformare tutti gli zuccheri in alcol. Il risultato fu che facemmo un vino fantastico, molto alcolico, ma con un bel residuo zuccherino. Un vino insomma da bere magari assieme ad un dolce, ma da accompagnare un pasto era assai dura. Insomma la prima annata in società con il mio amico fu un mezzo fallimento, ed era la prima volta in tutti quegli anni. Fu anche l’ultimo anno in cui feci il vino in casa.
    Guarda le volte il caso: sua moglie e di codeste parti, è nata infatti a Cavriglia che mi sembra non lontano dalle vostre parti.

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